Il calcio italiano ha visto nascere e dileguarsi stelle di incommensurabile valore, ma poche hanno lasciato un’eredità emotiva e sportiva paragonabile a quella di Roberto Baggio. Marking vent’anni dal suo ritiro, riflettiamo sul percorso e l’impatto di uno dei calciatori più raffinati che l’Italia abbia mai espresso.
Il momento del commiato
Il 16 maggio 2004, il mondo del calcio assisteva al ritiro di un’icona: Roberto Baggio. Non un semplice addio, ma un momento carico di emozioni, culminato nella lettera aperta alla figlia Valentina, in cui Baggio condivideva non solo il dolore per l’abbandono del campo da gioco, ma anche l’amore profondo per questo sport. Una decisione maturata nel tempo, segnata da infortuni e sfide, che non ha inciso sulla stima e affetto che ancora oggi tifosi e addetti ai lavori nutrono nei suoi confronti.
Un’eredità infinita
Il Divin Codino, così come veniva affettuosamente chiamato, ha lasciato dietro di sé una traccia indelebile. Non solo per i memorabili goal o per la classe cristallina dimostrata in campo, ma per l’approccio filosofico al gioco e alla vita. Uno stile inconfondibile, che univa abilità tecnica a un’eleganza quasi poetica, ha segnato l’immaginario collettivo, rendendo Baggio un modello non soltanto per gli appassionati di sport.
Ricordo di un fuoriclasse
Gli aneddoti sul suo percorso professionale, come quelli raccontati da Giuseppe Bergomi, evidenziano una personalità unica. Allenamenti ridotti alla settimana per via degli infortuni, ma capace di stupire compagni e avversari con ‘giocate incredibili’. Era la testimonianza di una passione genuina, che trascendeva le logiche commerciali o le vittorie. Vent’anni dopo, il ricordo di Baggio continua a essere un insegnamento di dedizione, umiltà e amore per il calcio, valori che rimangono eterni.