Il mese sacro del Ramadan è sempre stato un tempo di riflessione, di preghiera e di condivisione per i quasi due miliardi di musulmani in tutto il mondo. Ma per gli abitanti di Gaza, quest’anno il periodo rappresenta anche una prova di sopravvivenza tra carestie e conflitti. ‘Ai miei figli posso dare solo poca marmellata e qualche patatina’, lamenta una madre, testimoniando l’impatto tangibile dell’invasione e delle ostilità sull’accesso al cibo e ai beni primari. Le bombe sconvolgono le notti che dovrebbero essere di pace e spiritualità, e il digiuno diurno si complica ulteriormente per la scarsità di risorse.
Il digiuno di Ramadan, un pilastro della fede islamica, quest’anno coincide con una crisi umanitaria acuta a Gaza. Le regole del digiuno, che durano dall’alba al tramonto, si concentrano anche sulla solidarietà e l’autocontrollo. Tuttavia, queste pratiche religiose si scontrano con la dura realtà di una popolazione che combatte quotidianamente contro povertà e carenze alimentari. Nonostante il contesto, i fedeli trovano la forza di osservare il digiuno, sperando che la fede possa portare conforto e cambiamento.
La comunità internazionale osserva con apprensione la situazione a Gaza durante il mese sacro. Le agenzie umanitarie si mobilitano per fornire assistenza, ma le limitazioni ai confini rendono difficile l’accesso alle aree più bisognose. L’inizio del Ramadan non ha portato tregua al conflitto tra Israele e Hamas, mostrando quanto sia intricata la strada verso la pace. Le speranze dei gazawi di vivere il Ramadan in serenità si infrangono sotto il peso di un quotidiano segnato da insicurezza e necessità.