La Georgia è stata recentemente teatro di grandi manifestazioni, con migliaia di cittadini che hanno invaso le strade di Tbilisi per esprimere il loro disappunto nei confronti di una proposta di legge percepita come un tentativo di allineare la legislazione nazionale a quella russa, soprattutto per quanto riguarda la definizione e il trattamento degli ‘agenti stranieri’. Questa mobilitazione di massa ha sollevato preoccupazioni a livello internazionale sull’indirizzo politico che il paese potrebbe prendere in futuro, minacciando il suo percorso di integrazione europea.
La proposta di legge, considerata da molti un pericoloso passo indietro per la democrazia e la libertà di espressione in Georgia, richiede alle organizzazioni non governative e ai media che ricevono finanziamenti esteri di registrarsi come ‘agenti stranieri’. Questa mossa ha suscitato l’indignazione non solo tra la popolazione, ma anche tra esponenti politici di spicco e figure pubbliche, tra cui l’ex ministro Petriashvili, che si sono uniti ai manifestanti nelle piazze per contestare la legge e chiedere la sua revoca. Il timore prevalente è che la legge serva come strumento per limitare la libertà dei media e restringere l’attività delle ONG, allontanando così la Georgia dagli standard europei e avvicinandola alle pratiche autoritarie della Russia.
Il sostegno internazionale ai manifestanti georgiani è stato ampio, con numerosi osservatori e governi europei che hanno espresso preoccupazione per le implicazioni di questa proposta legislativa. Le proteste sono state per lo più pacifiche, seppur determinate, dimostrando un forte senso di comunità e impegno civico tra i georgiani che vedono la loro identità europea e il percorso verso l’UE minacciati da queste misure. Il dialogo tra governo e opposizione, insieme alla pressione internazionale, sembra essere il solo percorso possibile per risolvere questa tensione e garantire che la Georgia possa continuare il suo cammino verso l’integrazione europea senza deviazioni verso politiche autoritarie.