Il giorno dell’addio ad Alexei Navalny, l’oppositore russo noto per le sue critiche feroci al Governo di Putin, si è tramutato in un evento segnato da tensioni e una sorveglianza capillare da parte della polizia di Mosca. La cerimonia, svoltasi sotto l’occhio vigile delle forze dell’ordine, si è trasformata in una manifestazione di potere da parte di uno stato che non ammette dissenso.
La cerimonia sotto sorveglianza
Diverse fonti hanno riferito che l’area intorno al luogo di sepoltura è stata blindata, accessibile solo a pochi intimi. Le telecamere di sicurezza, disposte per coprire ogni angolo, non hanno lasciato spazi alla spontaneità del lutto collettivo. Questo controllo ha costruito un muro invisibile tra la volontà di ricordare un uomo distintosi per il suo coraggio civile e la capacità di esprimere liberamente tale ricordo.
Un messaggio intimidatorio
Le minacce velate agli eventuali partecipanti erano chiare: ogni gesto di supporto a Navalny sarebbe stato interpretato come provocazione, con le conseguenze di una probabile detenzione. L’ammonizione ai sostenitori aveva lo scopo di prevenire qualsiasi forma di espressione di dissenso o di solidarietà pubblica, riducendo la partecipazione ai soli riti funebri privati e lontani dagli occhi del mondo.
La tumulazione in un bimitero blindato
Il luogo di tumulazione, un cimitero trasformato in fortino, rifletteva l’atteggiamento di un governo che teme le potenzialità destabilizzanti di simboli e figure come Navalny. A confermare la situazione di alta tensione, l’aciura posta nel seguire ogni singolo individuo presente alla cerimonia, badando a impedire qualsiasi atto che potesse essere considerato di protesta. Una dimostrazione che, anche dopo la morte, Navalny incute timore alle autorità russe, disposte a tutto pur di ostacolare la diffusione del suo messaggio di libertà.