Nel panorama culturale italiano, poche figure hanno saputo incantare e commuovere con la genuinità e profondità di Massimo Troisi. A trent’anni dalla sua scomparsa, avvenuta prematuramente il 4 giugno del 1994, l’attrazione verso la sua persona e la sua opera non accenna a diminuire, anzi si rinnova constantemente grazie a riletture critiche e sentimentali del suo lascito. Troisi non fu solo un attore o un regista: fu un narratore dell’anima, capace di tessere storie di quotidiana poesia con una sensibilità squisitamente partenopea che, tuttavia, riusciva a varcare confini geografici e culturali, dialogando universalmente col pubblico.
La sua carriera iniziò nei vicoli di Napoli, con la compagnia ‘Rh Negativo’, per poi consolidarsi definitivamente con la nascita de ‘La Smorfia’ insieme a Lello Arena e Enzo Decaro. Tra cabaret e impegno sociale, questo trio seppe raccontare vizi e virtù del popolo napoletano, proponendo una comicità riflessiva, mai fine a se stessa, sempre intrisa di sentimenti autentici. Ma è con il passaggio al grande schermo che Troisi consacrò definitivamente il suo talento, sia come attore che come regista, con titoli ormai entrati nella storia del cinema italiano, come ‘Ricomincio da tre’, ‘Non ci resta che piangere’ e ‘Il Postino’, quest’ultimo completato con sovrumani sforzi nel corso di una malattia che ne avrebbe poi causato la prematura scomparsa.
La sua eredità va oltre i film e le risate: Troisi ha lasciato un’impronta emotiva unica nel cuore di chi lo ha conosciuto e ammirato. La sua capacità di trasformare la malinconia e la sofferenza in arte, la sua maniera di fare umorismo, sottile e mai volgare, continuano a essere fonte di ispirazione per artisti e appassionati. Nel ricordo del suo sorriso malinconico, nelle passeggiate lungo i luoghi che hanno fatto da sfondo alle sue storie, emerge il quadro di un uomo che, con discrezione e sensibilità, ha saputo raccontare l’essenza del vivere, lasciando un vuoto che ancora oggi, a trent’anni di distanza, non sembra poter essere colmato.