La Corea del Sud si è recentemente trovata al centro di un dibattito acceso riguardante i confini dell’etica pubblica a seguito di un episodio che ha visto protagonista la First Lady Kim Jung-sook. La vicenda che ha scatenato la tempesta mediatica e politica è legata a una borsetta del valore di diverse migliaia di euro, un modello di alta moda firmato dalla celebre maison Dior. Un regalo che ha sollevato più di un dubbio tra gli osservatori e l’opinione pubblica sudcoreana, generando un’ondata di critiche all’indirizzo del primo cittadino della nazione e sua moglie.
La borsa è stata regalata in un contesto formale, al termine di un evento pubblico, ma le circostanze del dono non hanno sedato gli animi. Che si tratti di un presente tra funzionari statali o di un’accortezza tra vecchi alleati, l’acquisto di un oggetto così prezioso con denaro pubblico appare quantomeno inopportuno in un periodo in cui la popolazione sudcoreana è chiamata a iugulare le difficoltà economiche conseguenti alla pandemia e agli ostacoli commerciali.
Le reazioni politiche non si sono fatte attendere, e tanto i partiti di opposizione quanto i cittadini hanno chiesto chiarezza sulla provenienza e sui finanziamenti dell’oggetto. Le autorità competenti hanno aperto un’indagine per ricostruire l’esatta dinamica e accertare eventuali irregolarità. La vicenda non resta un semplice fatto di cronaca, ma solleva interrogativi più profondi sul concetto di trasparenza e sulla morale che dovrebbe guide i pubblici ufficiali, in Corea come nel resto del mondo.