La lotta contro i cambiamenti climatici ha segnato una svolta giuridica significativa con la recente sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), che ha condannato la Svizzera per non aver fatto abbastanza per mitigare gli effetti nocivi del riscaldamento globale. Questa decisione pone un precedente importante nel diritto ambientale internazionale, mettendo in evidenza la crescente tendenza a riconoscere la responsabilità legale degli Stati nell’affrontare la crisi climatica.
Il caso contro la Svizzera è stato portato avanti da un gruppo di anziani cittadini svizzeri, che hanno argomentato come l’inazione del governo nei confronti del cambiamento climatico violasse i loro diritti umani, in particolare quelli relativi alla vita, alla salute e al rispetto della vita privata e familiare. La CEDU ha concordato con questa valutazione, sottolineando come la mancata adozione di misure adeguate per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra contribuisca ad aggravare gli impatti del cambiamento climatico, mettendo a rischio la salute e il benessere dei cittadini.
Tuttavia, nello stesso giorno, la Corte ha respinto il ricorso presentato da un gruppo di giovani portoghesi, che sostenevano analogamente che la mancata azione di vari paesi europei sul cambiamento climatico violasse i loro diritti. Queste decisioni contrastanti riflettono la complessità dell’attribuzione di responsabilità per i danni climatici e sottolineano la variabilità degli esiti giuridici in contesti nazionali differenti. Nonostante ciò, la condanna della Svizzera rappresenta un segnale chiaro alle nazioni di tutto il mondo sull’importanza di intensificare gli sforzi per combattere la crisi climatica, evidenziando il ruolo cruciale che il diritto internazionale e le corti di giustizia possono svolgere nel favorire un’azione climatica più efficace e giustizia ambientale.