Il massacro di Piazza Tienanmen rimane una delle pagine più oscure nella storia contemporanea della Cina, un evento che ha segnato non solo la nazione ma il panorama internazionale. Il tentativo di rivolta popolare avvenuto nel giugno del 1989 contro il governo del Partito Comunista Cinese (PCC) si è concluso in un bagno di sangue, quando l’esercito è intervenuto per reprimere le manifestazioni, causando la morte di un numero imprecisato di persone, stimato in migliaia.
Nel corso degli anni, il governo cinese ha mantenuto un rigido controllo sull’informazione riguardante l’evento, censurando qualsiasi riferimento nei media e su internet. Questa politica di silenzio e negazione ha portato a una marcata separazione tra la memoria collettiva dentro e fuori la Cina. Al di fuori, Tienanmen è simbolo di lotta per la libertà e la democrazia; all’interno, un argomento quasi tabù.
Recentemente, Human Rights Watch ha denunciato una rinnovata stretta sui dissidenti in Cina e a Hong Kong, in concomitanza con l’anniversario della repressione. Il governo cinese continua a esercitare una pressione costante sui ritratti di dissidenza, mirando a soffocare qualsiasi forma di protesta o critica, dimostrando così che l’eredità repressiva di Tienanmen è ancora ben presente nel tessuto sociale e politico della Cina e delle sue aree di influenza.