In occasione del Festival di Sanremo, un evento che da decenni celebra la musica italiana, la canzone ‘E’ P me tu p te’ di Geolier non ha mancato di scatenare reazioni contrastanti. L’uso del dialetto napoletano è al centro del dibattito, con pareri che si spingono tra l’apprezzamento dell’autenticità culturale e l’indignazione per ciò che alcuni considerano un ‘strazio’ del patrimonio linguistico partenopeo.
Lo spirito del quartiere e la lingua napoletana
Nel rione Gescal, un quartiere popolare di Napoli, l’orgoglio è palpabile. Qui, dove Geolier ha trascorso parte della sua vita, la sua partecipazione al festival e soprattutto la scelta di portare il dialetto in una vetrina così prestigiosa è motivo di vanto e celebrazione. Amici e vicini sostengono che la canzone sia un ritratto realistico della vita di strada, un elemento fondamentale dell’identità culturale del luogo. Questa autenticità è, per molti, una vittoria in sé, indipendentemente dall’esito del festival.
La bufera sui social e le reazioni degli intellettuali
Tuttavia, la performance di Geolier non è stata esente da critiche. Sul web si è scatenata una vera e propria bufera, con l’intervento di personalità come lo scrittore Maurizio de Giovanni e lo studioso Nicola de Blasi. De Giovanni si è detto scioccato dalla rappresentazione del dialetto, paragonando la sensazione provata a quella di vedere ‘Salvatore di Giacomo sanguinante in croce’, una metafora potente che esprime un profondo disagio culturale. De Blasi, dall’altro lato, ha esortato a valutare il testo da un punto di vista strettamente canoro, sostenendo che anche la varietà linguistica usata da Geolier rappresenti una forma legittima di lingua.
Il dibattito tra tradizione e modernità
Queste voci confliggenti riflettono l’eterno dibattito tra la tutela della tradizione e l’espressione della modernità. La vitalità di una lingua viene spesso misurata attraverso la sua capacità di evolversi e di adattarsi ai cambiamenti sociali e culturali. Il caso di ‘E’ P me tu p te’ e delle sue origini partenopee entra dunque in questo flusso dinamico, dove il rispetto per il passato incontra l’inevitabile metamorfosi dettata dal presente. La questione se il palco di Sanremo sia il luogo adatto per sperimentazioni linguistiche così audaci è aperta: sarà il pubblico, con la sua accoglienza o reiezione della canzone, a dare una risposta definitiva.