Il cammino verso una normativa europea che regolamenta i diritti dei lavoratori delle piattaforme digitali, come i rider, incontra un ostacolo inatteso: la proposta di direttiva per la tutela di queste figure lavorative è stata respinta dalla maggioranza dei Paesi membri dell’Unione Europea.
La reiezione della proposta
Nonostante le aspettative, la direttiva UE che avrebbe riconosciuto nuove garanzie contrattuali ai lavoratori delle piattaforme digitali non ha superato il voto. Francia, Germania, Grecia ed Estonia hanno espresso un netto no, rallentando considerevolmente il processo legislativo. La mancanza di un accordo è un punto di svolta negativo per migliaia di rider che operano in uno status ambiguo tra autonomia e subordinazione, con implicazioni dirette sulla loro sicurezza e stabilità lavorativa.
Impatti e reazioni
L’esito del voto solleva preoccupazioni in merito all’equità e alla protezione nel settore dei gig economy. I sindacati, insieme ad associazioni e collettivi di rider, denunciano una situazione di stallo che perpetua le difficoltà attuali dei lavoratori. Tuttavia, alcuni Stati membri hanno giustificato il loro dissenso sostenendo la necessità di misure meno stringenti e più adattabili alle diverse realtà nazionali.
Verso un nuovo approccio?
Davanti a questo rifiuto collettivo, è probabile che il dialogo tra i paesi dell’UE debba ripartire su basi differenti. La necessità di un compromesso che concili le esigenze di flessibilità delle piattaforme con la protezione dei lavoratori è più che mai evidente. Il percorso sarà complesso, ma l’obiettivo resta quello di stabilire un quadro normativo equo e condiviso per tutelare chi lavora in questo settore in rapida espansione.