Il manichino autovelox, noto come FlexiMan, recentemente abbattuto in diverse località italiane, ha catalizzato l’attenzione sul tema della sicurezza stradale e dell’efficacia dei sistemi di controllo della velocità. I cittadini e gli esperti del settore sono divisi tra chi sostiene la necessità di strumenti dissuasivi più efficaci e chi critica i metodi attuali, considerati poco trasparenti e finalizzati più al rimpinguamento delle casse comunali che alla sicurezza dei conducenti e dei pedoni.
Il tragico episodio di Santo Stefano di Cadore, dove il FlexiMan è stato abbattuto provocando una strage, ha sollevato interrogativi sull’opportunità di posizionare tali dispositivi in punti strategici delle strade. La testimonianza del cittadino Luigi Antoniello sottolinea come la presenza di questi manichini possa sorprendere i conducenti, causando reazioni inaspettate e talvolta pericolose. Il dibattito si è acceso anche sui media, con personaggi come Giuseppe Cruciani e Nicola Porro che esprimono posizioni controcorrente riguardo all’utilità di tali strumenti.
Sulla stampa specializzata, ad esempio su Moto.it, anche Nico Cereghini ha preso posizione affermando che, sebbene l’idea di fermare gli autovelox possa sembrare apprezzabile, sia essenziale rivedere completamente il sistema in uso. L’obiettivo dovrebbe essere quello di garantire trasparenza nell’utilizzo degli incassi e un’effettiva riduzione degli incidenti. Gli atti vandalici come l’abbattimento di FlexiMan a Ravenna e Faenza dimostrano un crescente dissenso popolare. Riaccende così la discussione sull’effettivo ruolo degli autovelox: sono realmente un deterrente efficace per migliorare la sicurezza stradale o esiste il bisogno di una riforma più ampia che metta al centro l’educazione e la prevenzione?