L’annuncio del naufragio del negoziato per lo scambio tra l’oppositore russo Alexei Navalny e la spia condannata per assassinio, Krasikov, ha scosso l’opinione pubblica internazionale, sollevando nuovamente il velo sui complessi equilibri all’interno del potere russo. Nonostante l’apparente reticenza del Cremlino nel confermare i dettagli dell’operazione fallita, numerosi indizi lasciano trasparire una lotta interna tra ‘tecnocrati’ e ‘falchi’, che avrebbe giocato un ruolo fondamentale nella decisione finale di Vladimir Putin di interrompere le trattative.
Il ‘doppio gioco’ interno al Cremlino: Uno scontro inedito trascende dalle analisi degli esperti, che mettono in evidenza come la frattura tra tecnocrati, propensi a una soluzione diplomatica con l’Occidente e favorevoli al rilascio di Navalny, e falchi, sostenitori della linea dura e contrari allo scambio, sia stata un elemento decisivo. Tale dualismo all’interno dell’élite russa riflette una realtà politica in continua evoluzione, dove il mantenimento del potere si traduce spesso in una delicata partita di scacchi.
Navalny, pedina nel gioco di potere prima del voto: Poco prima delle imminenti elezioni, la figura di Navalny si era caricata di un simbolismo particolare. Sergei Guriev, economista ed ex rettore della New Economic School di Mosca, in un’intervista ha sottolineato come Putin abbia sfruttato la figura di Navalny per rafforzare la propria immagine interna, ma senza poter tollerare l’idea di vederlo libero prima del voto. Di conseguenza, nonostante le trattative per lo scambio, il desiderio del presidente di mantenere un controllo ferreo sulla scena politica interna avrebbe avuto la meglio.