Le elezioni in Iran si consumano in un clima di forte tensione politica e sociale. Fra appelli ai valori nazionalisti e la necessità di una presenza massiccia alle urne, emerge il timore delle autorità religiose di fronte a una possibile scarsa partecipazione, considerata un pericolo per la sicurezza nazionale.
Appello alla nazione
In vista delle elezioni, il leader supremo Ali Khamenei ha lanciato un appello affinché i cittadini iraniani esprimano il loro voto, sottolineando l’importanza di tale gesto come dimostrazione di unità e sicurezza nazionale. Nel suo discorso, ha fatto riferimento alla necessità di un fronte compatto contro le minacce esterne, invocando l’adesione popolare come risposta alle pressioni internazionali e agli eventi turbolenti che hanno recentemente interessato il paese.
Bassa affluenza ai seggi
Nonostante l’appello di Khamenei, le segnalazioni poco prima della chiusura dei seggi evidenziano una bassa affluenza. La popolazione sembra mostrare segni di disaffezione verso il processo elettorale, forse a causa del crescente divario tra le promesse delle autorità e la realtà quotidiana degli iraniani, sempre più segnata da difficoltà economiche e limitazioni nelle libertà civili. La scarsa partecipazione è vista dagli ayatollah come un rischio, in quanto potrebbe delegittimare il sistema politico agli occhi del mondo e, soprattutto, della stessa popolazione iraniana.
Il timore dell’astensione
La temenza di un’alta percentuale di astensione permea la classe dirigente, che vede in essa un potenziale segnale di protesta silenziosa e, quindi, una sfida al proprio potere. Gli ayatollah temono che la mancanza di partecipazione all’elezione possa tradursi in una crescente insoddisfazione interna, mettendo a repentaglio l’immagine di un governo forte e unito. L’astensionismo potrebbe dunque diventare un’arma a doppio taglio, capace di scuotere le fondamenta di un sistema politico che si regge sulla partecipazione attiva e sull’adesione dei suoi cittadini.