La serie televisiva ‘Briganti’, recentemente lanciata da Netflix, sta suscitando grande interesse e curiosità, diventando immediatamente argomento di discussione sia tra gli appassionati di storia che tra i semplici curiosi. La serie, che attinge a fatti e personaggi reali dell’Italia postunitaria, cerca di offrire una nuova interpretazione sulla figura dei briganti, spesso descritti nei libri di storia come semplici criminali ma che, secondo molte nuove teorie, rappresentavano in realtà una resistenza popolare contro l’oppressione e l’invasione del Sud Italia da parte dei Piemontesi.
Il contesto storico della rivolta brigantesca è complesso e intricato, caratterizzato da aspri conflitti sociali e da una forte resistenza contro il nuovo governo unitario che, nel tentativo di consolidare il suo potere, finì per alienare vasti strati della popolazione meridionale. Secondo l’antropologo Scafoglio, citato in alcune delle fonti, i briganti erano veri e propri eroi del popolo che con tenacia e coraggio si opposero alla dominazione piemontese, diventando simbolo di resistenza e lotta per la libertà. Questa interpretazione offre uno spunto di riflessione sulle narrazioni ufficiali e su come la storia viene scritta dai vincitori, lasciando poco spazio alle voci degli sconfitti.
Non c’è dubbio che ‘Briganti’ rappresenti un tentativo di riabilitare la figura dei briganti, offrendo allo spettatore una prospettiva alternativa che va oltre la semplice criminalizzazione. Attraverso un cast d’eccezione e una ricostruzione storica attenta, la serie invita a riflettere sulle molteplici sfaccettature della lotta brigantesca, presentando al pubblico una parte di storia italiana troppo spesso trascurata o distorta. Tuttavia, la serie non si limita a una rievocazione storica, ma cerca di parlare al pubblico moderno, mettendo in luce temi universali come la lotta per la giustizia, l’oppressione e la ribellione, dimostrando come questi concetti siano ancora attuali e risonanti anche oggi.