L’accordo recentemente firmato tra l’Italia e l’Albania in materia di gestione dei flussi migratori è stato oggetto di una netta presa di posizione contraria da parte della Conferenza Episcopale Italiana (CEI). Il protocollo d’intesa prevede, in sintesi, un investimento nell’ordine dei milioni di euro destinati alla nazione balcanica con l’intento di potenziare i controlli e impedire partenze clandestine verso le coste italiane. Tuttavia, secondo la CEI, le misure adottate appaiono insufficienti e mal configurate ad affrontare il fenomeno migratorio in modo umano e costruttivo. Al centro delle critiche vi sono soprattutto le modalità di spesa delle risorse finanziarie coinvolte, considerate dalla CEI come un mero ‘gettar via soldi’, piuttosto che un vero investimento in piani di accoglienza e integrazione di lungo termine per i migranti.
La voce della CEI trova eco anche tra le autorità religiose locali, come monsignor Perego, che si è espresso in termini di forte perplessità nei confronti dell’accordo, sottolineando come la questione migratoria richieda soluzioni più incisive e durature rispetto a mere operazioni di contenimento ai confini. Ancor più critico si è mostrato il mondo politico, con esponenti dell’opposizione che hanno additato l’iniziativa governativa come un esempio lampante di politica miopica, priva di una visione complessiva e di un piano genuinamente solidale per il futuro dei migranti.
Nonostante le controverse reazioni, il governo ha difeso la decisione di collaborare con Albania insieme ai partner europei, sostenendo che l’investimento è parte di un più ampio sforzo per gestire i flussi migratori nella dimensione euro-mediterranea e per proteggere le vite umane. La discussione rimane aperta, con le parti sociali e politiche che continuano a confrontarsi su una questione di tale delicatezza umana e sociale.