Il presidente russo Vladimir Putin continua a essere un personaggio che divide fortemente l’opinione pubblica mondiale. Descritto come uno zar spietato e nervoso, la sua figura viene spesso accostata a caratteristiche di leader autoritario che non tollera l’opposizione interna. La morte di figure di spicco come Alexei Navalny, accusato da molti di essere stato avvelenato per ordine dello stesso Putin, ha contribuito ad aumentare la percezione di un governo russo che non risparmia mezzi per mantenere il controllo del paese e sopprimere dissensi. Questa immagine di Putin viene però affrontata con approcci diversi, a seconda della geografia politica globale e delle diverse correnti ideologiche. Interessante notare come il dibattito su Putin si intrecci con le dinamiche del pacifismo internazionale.
Federico Rampini mette in luce come la condanna per le azioni di Putin non sia così netta o diffusa come nel caso di altri conflitti internazionali, ad esempio quelli relativi a Israele. Sembra emergere una sorta di selettività dell’indignazione internazionale, dove slogan e manifestazioni contro Putin non raggiungono la stessa forza espressiva di proteste su altre tematiche. In Occidente, la narrazione di Putin come assassino rimane uno slogan che difficilmente trova spazio nelle piazze, evidenziando come la critica verso il presidente russo sia meno diffusa rispetto ad altre figure internazionali.